La celebre frase del principe di Dostoevskij suscita almeno un paio di interrogativi:
Il mondo ha bisogno di essere salvato? Che cos’è questa bellezza capace di salvarlo?
La traduzione italiana usa il termine “bellezza” per rendere la parola russa che invece più propriamente vuole indicare la “pulchritudo Dei” di cui parla sant’Agostino. Se traduciamo allora questo termine come Grazia, ci colleghiamo al termine armonia che dalla Grecia classica in poi sta per “equilibrio delle cose”.
L’equilibrio è sempre precario e si realizza attraverso un gioco e una lotta tra opposti (il termine latino bellum vuol dire guerra). L’equilibrista che cammina su una fune, sta tra la terra e il cielo, tra la corda e il vuoto.
Non credo che il principe Mynski con questa frase voglia dire che il mondo è schifoso. Anche se la nozione di bellezza contiene una certa vaghezza concettuale e, per questo, una certa relatività, credo piuttosto che Dostoevskij abbia voluto affermare che la bellezza è di questo mondo e che come ogni cosa di questo mondo ha il suo contesto. La giustizia ha il suo contesto nella violenza, nella illegalità e nella sopraffazione; la verità ha il suo contesto nella menzogna; la bellezza ha il suo contesto nella bruttezza. Come spiega molto bene il prof. Carlo Sini, la bruttezza è un’esperienza che facciamo sin dalla nascita quando veniamo separati dal sicuro ventre materno che ci ha generati e protetti. Eppure quando ci sentiamo perduti nella notte, arriva quel viso che ci innamora, che consola il nostro pianto e che noi percepiamo come “bello”. In tutte le esperienze della vita che diciamo “belle” (un bel viaggio, un bel quadro, una bella relazione…) sperimentiamo la bellezza come godimento, si tratta quindi di esperienze relative, ma nelle quali possiamo rintracciare una matrice comune che è quella che caratterizza l’esperienza dell’incanto: c’è qualcosa per cui, nonostante tutto, vale la pena vivere. Ogni uomo nella sua attività creatrice, nella realizzazione di se stesso e delle proprie capacità può dire “E’ bello!”Nel godimento estatico dell’arte o delle meraviglie della natura, questa esperienza si realizza in modo immediato e universale.
Noi siamo al mondo per sperimentare cose che sono più importanti di noi e per le quali vale la pena vivere, affrontare dolore, contraddizioni… tutto il contesto della bruttezza. Un’ideale politico, religioso, la famiglia, un’amicizia, una professione sono esperienze di incanto e di bellezza, sono un dono di speranza e di vita.
Dato che il mondo non è sempre così questa bellezza risalta e lo salva, cioè lo rende degno di essere affrontato e combattuto. Possiamo in questo modo ritrovare l’unità che ci consente di andare oltre le nostre differenze e le pluralità che attraversano il mondo. Pensiamo ad alcuni gesti eroici come quello compiuto alcuni giorni fa da quel ragazzo che ha salvato un bimbo in metropolitana; ma anche gesti quotidiani di generosità e di presa in carico appartengono senza dubbio al processo salvifico della Bellezza intesa come declinazione concreta per cui la vita non si esaurisce nei nostri piccoli interessi personali, né nelle difficili condizioni di questo nostro tempo ma ci apre ad un orizzonte molto più ampio di vita e amore.
Fonte di riferimento principale
Carlo Sini: la bellezza salverà il mondo? 22 giugno 2017
https://youtu.be/DKNNEkzm1x4