La liturgia ecclesiale ha sempre rappresentato il periodo quaresimale come un cammino spirituale che ogni cristiano è chiamato a percorrere. La meta di questo cammino è la Pasqua, il giorno in cui incontreremo Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto, il Signore.
Tuttavia, la Scrittura ci sottolinea che questo cammino deve essere percorso nel deserto. Il deserto è un luogo particolare che ha visto realizzarsi molte vicende della storia della salvezza. Nel deserto Israele ha percorso, per quaranta anni, la sua marcia dalla schiavitù in Egitto alla libertà nella terra promessa. Il deserto è anche il luogo che Elia ha dovuto percorrere per quaranta giorni per raggiungere l’Oreb, il monte dove ha incontrato il suo Dio. Infine, anche Gesù ha dovuto fare per quaranta giorni l’esperienza del deserto prima di avviare la sua vita pubblica. In tutte queste vicende ricorrono due costanti: il cammino nel deserto e la sua durata definita dal numero quaranta. Chiariamo subito che quest’ultimo rappresenta solo un simbolo: questo numero non rappresenta un tempo cronologico esatto, scandito dalla somma dei giorni o degli anni. Indica piuttosto una paziente perseveranza, una lunga prova, un periodo sufficiente per vedere le opere di Dio, un tempo entro cui occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rimandi. È il tempo delle decisioni mature.
Tuttavia tali decisioni devono essere prese nel deserto, che rappresenta un determinante luogo teologico. Infatti, nel deserto ognuno di noi ha l’opportunità di avere una relazione con Dio, di essere nutrito da Lui, di essere educato da Lui, di essere guidato da Lui, di essere da Lui condotto alla meta. Ma questo percorso spirituale si realizza solo se il cristiano compie, nel deserto, una sua personale e profonda ascesi.
Il deserto è il luogo delle privazioni. Qui manca tutto. Qui abbiamo bisogno di tutto. Qui vengono fuori tutte le cose che consideriamo importanti per noi: “Gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna»” (Numeri 11,4-6). Nel deserto Israele si è ribellato a Dio. Qui, il popolo di Dio, come ognuno di noi, si è trovato davanti ad un bivio: scegliere le cipolle che avevamo in Egitto quando eravamo schiavi o la manna donata da Dio durante il duro cammino che ci porta verso la terra promessa, verso la libertà? Questa situazione vissuta da Israele rappresenta il primo passo del cammino di ascesi personale che ognuno di noi è chiamato a percorrere.
Il deserto è il luogo del silenzio. I rumori della città sono del tutto assenti nel deserto. A volte il silenzio ci appare opprimente. Ma come è accaduto ad Elia sull’Oreb (1Re 19,11-13), Dio non si rende presente nel vento impetuoso e gagliardo, nè nel terremoto, e neppure nel fuoco. Dio si rende presente nel silenzio di un alito di vento. E qui, nel silenzio, è possibile ascoltare la parola di Dio: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Deuteronomio 6,4-5). Nel silenzio del deserto Dio ci rivolge la sua Parola. L’ascolto della Parola di Dio rappresenta il secondo passo del cammino di ascesi da percorrere in questo periodo quaresimale. Ascoltiamo la Parola di Dio.
Il deserto è il luogo senza punti di riferimento. Come arrivare a destinazione percorrendo un luogo, come il deserto, dove non sono tracciati i sentieri, dove il panorama e l’orizzonte viene modificato continuamente dal vento? Davanti all’assenza di punti di riferimento ci si presentano due alternative: o decidere di affidarsi alle sole nostre capacità, percorrendo le strade da noi scelte per raggiungere il nostro interesse, oppure farsi guidare da Dio sulle strade da lui indicate, che ci porteranno alla realizzazione del progetto che Dio ha su di noi. I due percorsi sono molto diversi: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Isaia 55,8-11). Impegnarsi ad osservare la Parola di Dio è il terzo passo del cammino di ascesi che dobbiamo seguire. Mettiamo in pratica la Parola di Dio.
Il deserto è il luogo del fidanzamento con Dio. L’ascolto della Parola di Dio e la sua osservanza fanno entrare l’uomo credente in una relazione intima con Dio. Si instaura una vera relazione di amore a cui Dio ha chiamato da sempre ognuno di noi. E Dio non intende assolutamente rinunciare a tale relazione amorosa, neppure davanti alle infedeltà vissute dalla sua creatura: “Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: «Marito mio», e non mi chiamerai più: «Baal, mio padrone». Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome. In quel tempo farò per loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli uccelli del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Osea 2,16-22). Il deserto è il luogo dove Dio perdona tutti i nostri errori e dove si può sempre tornare a vivere, nella pienezza, la relazione di amore con Lui. L’amore fedele di Dio apre il credente alla speranza di una vita felice. Questo è il quarto passo del cammino di ascesi proposto ad ognuno di noi. Abbandoniamoci a questo amore.
Il deserto è il luogo dei nuovi orizzonti. Al termine del cammino, il deserto ci apre ai nuovi orizzonti della terra promessa. “Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra” (Deuteronomio 34,1). La terra promessa è il luogo dove vedremo il Signore, dove entreremo in comunione con lui, dove abiteremo per sempre con lui. Il deserto riempie la nostra vita della speranza di una vita vissuta nella comunione con Dio. Eccoci all’ultimo passo del cammino di ascesi. Accogliamo in noi la gioia del prossimo incontro che a Pasqua avremo con il Signore Risorto.
Buon cammino a tutti.