Il termine “famiglia” è una delle parole più usate al mondo e ricorre quotidianamente da sempre nel linguaggio comune di chiunque. Con esso indichiamo un gruppo di persone, una appartenenza, una istituzione, ma soprattutto, volenti o nolenti, la protagonista indiscussa della nostra società: se ci pensiamo, infatti, è al centro di dibattiti in Tv, di discussioni in Parlamento, di studi sulla sua evoluzione, di un continuo interrogarsi. Se ne parla ovunque, insomma, e mentre da alcuni è considerata la causa di tutti i mali, da altri l’ultimo baluardo a custodia dei valori che si ha paura di perdere.
Se chiediamo ad un bambino, però, cos’è una famiglia ci sentiremo rispondere la più elementare delle verità: la famiglia è casa mia, dove sono mamma e papà e, magari, dei fratellini. Quel bambino molto probabilmente prenderà un foglio bianco e con i suoi pastelli, disegnerà una casetta dal tetto spiovente e le tendine alle finestre, un uomo e una donna, altri bambini, un cane o un gatto, il sole che splende e in mezzo a tutto questo rappresenterà se stesso. Cos’è la famiglia allora per lui? Semplicemente il suo mondo, il posto dove è nato e che sente suo.
Sarà questa immagine che lo accompagnerà nella vita da adulto e, a seconda delle esperienze che vivrà all’interno di quell’ambiente, egli manterrà quell’idea di serenità oppure desidererà allontanarsene. Eppure sempre sentirà un legame, un richiamo che lo riporterà a quel tempo e questa è una cosa comprensibile per ognuno di noi.
La famiglia ha una storia antichissima, addirittura è considerato il nucleo primordiale della nostra società, quello da cui è nata la comunità organizzata che ha contribuito all’evoluzione del mondo e del progresso.
Dai Romani fino all’Ottocento, lo schema gerarchico era rappresentato dal patriarcato e voleva sotto lo stesso tetto numerosi componenti che si sostenevano e collaboravano al sostentamento comune. Le regole che scandivano la vita di tutti erano chiare e indiscutibili, mentre i valori volevano come fondamentale l’osservanza di una reverenza verso i più anziani e una limitata libertà personale dei vari componenti, per cui il loro destino spesso dipendeva dalle scelte del padre e del bene comune.
Con il Novecento e il progresso industriale lo status della famiglia comincia una evoluzione inarrestabile che comporta un completo stravolgimento: il nucleo si ridimensiona, la figura femminile cerca una emancipazione che le appartiene di diritto, al bambino viene riconosciuta un’attenzione come persona, le stesse abitazioni vengono pensate in ragione delle nuove esigenze.
E così, la famiglia prevede ai giorni nostri solo genitori e figli, i coniugi hanno pari doveri e diritti e collaborano alla gestione di tutto, i bambini vengono indirizzati a seguire le loro aspirazioni e la casa è identificata con appartamenti funzionali in spazi studiati per le esigenze moderne. I nonni, la cui età si è prolungata e la salute migliorata rispetto al passato, spesso sono un supporto di grande aiuto per la gestione dei nipotini e delle loro attività, e a volte offrono anche un sostegno economico ai loro figli adulti. Oggi, inoltre, non possiamo non considerare che l’insieme familiare sia concepito in forma “allargata” visto che spesso, in seguito alla separazione, considera anche genitori single e nuovi nuclei riformatisi, che esigono l’interazione con congiunti del nuovo partner.
Il cambiamento che ha sconvolto il sistema sociale più antico del mondo, ha creato tante perplessità come tutte le cose nuove che all’improvviso bisogna affrontare, ed è per questo che si è così critici nei suoi confronti, senza considerare come effettivamente il momento storico abbia contribuito in modo prepotente a questa rivoluzione.
Il nuovo millennio, infatti, fortemente influenzato dal profondo mutamento sociale, ci vuole alle prese con la pluralità culturale, la globalizzazione, con la tecnologia e una attenzione fortemente centrata sulle politiche ambientali, sui diritti umani, sulla crisi religiosa e umana, che porta ad una continua critica riguardante proprio la famiglia, spesso messa in discussione e colpevolizzata in maniera estrema. La fatica è, dunque, tutta nella ricerca di un equilibrio che deve necessariamente tener conto di dinamiche delicate messe in essere con una pluralità di soggetti con necessità, bisogni e modi di pensare diversi.
Una cosa, tuttavia, non è cambiata nel nostro sguardo sulla nostra esperienza di componenti di una famiglia: essa viene sempre riconosciuta come casa, come il posto dove per primo abbiamo sperimentato l’essere noi stessi, dove abbiamo iniziato ad esercitare le nostre capacità verificando che fossero o meno riconosciute o apprezzate. Come isole facenti parte di un arcipelago, vicine ad altre realtà pure esse isolate, eppure interconnesse e simili, allo stesso modo, siamo individui unici che portano nel profondo un legame con i nostri parenti che ci insegnano di noi e loro, e ci fanno sentire parte di un clan. Nel corso del nostro andare, alcuni componenti ci lasciano, altri giungono col proprio bagaglio di vissuto, idee e valori; spesso ci allontaniamo per poi avvertire la mancanza di un posto dove sentiamo di poter essere noi stessi, o dove rimpiangiamo di non averne la possibilità.
Quell’insieme di individui, di ricordi, di parole e usanze, di dolore e infinita tenerezza, di silenzi, resta nel profondo del nostro io e spesso, prepotentemente, ritorna ad affacciarsi nei nostri giorni diventando a volte rifugio, altre tormento. Parlare della famiglia significa capire da dove veniamo e dove stiamo andando, imparare sempre qualcosa di nuovo di noi e della nostra storia o accettare di non poterne sapere abbastanza.
La cosa che ci accomuna tutti è che, o se siamo vissuti nel famoso “Mulino Bianco”, o in un difficile contesto domestico, non possiamo prescindere da quello che siamo stati, non possiamo non interrogarci su quanto amore ci sia stato, e soprattutto, non possiamo non sentire quel mondo profondamente nostro cercando di ricrearlo o meno nel futuro.
I tempi in cui viviamo sono precursori di un cambiamento radicale nel nostro modo di interfacciarci con la realtà: la pandemia che ha sconvolto le nostre vite e che ci tiene in ostaggio da più di un anno, ci ha imposto un nuovo modo di comunicare, un modo alternativo di lavorare, imparare, gestire il nostro tempo e tolto ogni certezza che prima di essa sembrava scontata. Ci ha costretto a stare in casa, ad affrontare nostro malgrado una quotidianità diversa e spesso, ci ha imposto una convivenza con i parenti coabitanti che ha portato a scoperte o conflitti.
Non sappiamo come evolverà dopo questo momento di difficoltà la nostra società e le preoccupazioni sono molte. I genitori temono per le difficoltà economiche, per l’incertezza sanitaria, si sentono in colpa per questo tempo di isolamento a cui costringono i ragazzi, mentre i figli si sentono impantanati dietro lo schermo di un pc, lontani dai coetanei e dalle attività che scandivano le loro giornate, colpevolizzati per comportamenti che negli adolescenti sono una esigenza naturale. Abbiamo però la certezza che ancora una volta il processo che rimetterà in moto il nostro mondo partirà dalle nostre case, dal metabolizzare questa esperienza dolorosa anche se piena di opportunità, alla ricerca di una nuova normalità.
È importante, dunque, parlarne insieme, confrontarsi e riflettere nel tentativo di uno sguardo oggettivo, ma pieno di possibilità e che ci aiuti a comprendere meglio quello che sta succedendo tra noi e i nostri familiari: ne riconosceremo i limiti, ma soprattutto potremo valorizzare le risorse che abbiamo per affrontare al meglio il prossimo futuro.
Chiara Vinciguerra
Consulente Coniugale e Familiare
Associazione Centro di Ascolto alla Persona “Armonia”